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11.11.2013
"RESSA NEL GIARDINO AL TERMINE DEL DOPOSCUOLA: RESPONSABILITA' PER DANNI AL MINORE"

PERSONAEDANNO.IT

 

Riccardo MAZZON
La pronuncia in epigrafe identificata è il momento terminale di una complessa vicenda giudiziaria iniziata con atto di citazione, notificato il 13 giugno 1998, attraverso il quale due coniugi, quali legali rappresentanti del figlio minore, deducevano che:
  • al termine delle lezioni di doposcuola, il loro figliolo, nella ressa formatasi all'uscita nel cortile dell'Istituto Elementare di appartenenza, era caduto, picchiando con la testa contro un gradino;
  • in conseguenza, il detto minore aveva riportato lesioni con postumi, addebitabili al personale scolastico, che era rimasto assente al momento del fatto.
I due genitori, sulla base di detti presupposti di fatto, convenivano quindi in giudizio, davanti al Tribunale di S. Maria C. Vetere, sezione di Aversa, il Ministero della Pubblica Istruzione, al fine di conseguire il risarcimento di tutti danni conseguenti all'istorico enunciato (oltre accessori e spese processuali): “radicatasi la lite, il Ministero contestava la domanda e, in ogni caso, chiedeva (ed otteneva) di chiamare in causa la soc. UNIPOL presso cui adduceva di essere assicurato per eventi dannosi del genere dedotto dagli attori.Si costituiva, quindi, la soc. UNIPOL che resisteva sia alla domanda di garanzia che a quella di manleva. Il Tribunale adito, con sentenza del 13 marzo 2002, condannava il convenuto Ministero al pagamento, in favore del minore M. come rappresentato, della somma di Euro 8.500,00 oltre interessi e spese processuali; rigettava la domanda di garanzia del Ministero e compensava le spese relative” Cassazione civile, sez. III, 22/07/2010, n. 17215 M.M. e altro c. Min. della p.i., Univ. e Ricerca Diritto & Giustizia 2010 - cfr., amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012).
Presso la Corte d'Appello di Napoli, peraltro, la vicenda aveva epilogo diametralmente opposto, in quanto, con sentenza pubblicata in data 7 febbraio 2005, in riforma della sentenza impugnata, la domanda originariamente proposta veniva rigettata, ritenendo il giudicante che, nella specie, non fosse invocabile la presuzione di cui all'articolo 2048 del codice civile (ed in assenza di prova sulla dinamica del sinistro, ai sensi degli articoli 2043 e 2697, medesimo codice).
Proposto il rituale ricorso per Cassazione, con il primo motivo i ricorrenti denunciavano la violazione e la falsa applicazione degli articoli 324 e 329 del codice di procedura civile, nonché l'omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, non essendo stato, a suo tempo, impugnato il capo della sentenza del Tribunale che aveva accertato come il ragazzo si fosse infortunato nella ressa formatasi all'uscita nel cortile dell'Istituto, cadendo e picchiando la testa contro un gradino, in assenza di qualsivoglia insegnante: “il rilievo non è fondato, posto che il primo motivo di appello formulato dal Ministero della Pubblica Istruzione aveva criticato proprio l'erronea applicazione dell'art. 2048 c.c., comma 2, in relazione al fatto che l'allievo si sarebbe fatto male da solo, e quindi aveva proposto una diversa ricostruzione del fatto rispetto a quella fatta propria dalla sentenza del Tribunale” Cassazione civile, sez. III, 22/07/2010, n. 17215 M.M. e altro c. Min. della p.i., Univ. e Ricerca Diritto & Giustizia 2010
Anche il secondo motivo, d'altronde, subiva lo stesso destino, denunciandosi con esso la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2043, 2048 e 2697 del codice civile e l'omessa, contraddittoria ed illogica motivazione in relazione alla valutazione delle dichiarazioni formalizzate per iscritto dalle insegnanti, con le quali si dava atto che gli alunni erano stati accompagnati "fuori della classe" e che all'atto della caduta il ragazzo si trovava nei pressi della madre che lo aveva subito soccorso: “la censura si risolve in una diversa valutazione degli elementi probatori raccolti nel corso del giudizio di merito, ma non vengono poste in luce carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nell'attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi. Si deve rilevare che il ricorso per cassazione non può essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Tali aspetti del giudizio, infatti, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell'iter formativo di tale convincimento. Diversamente il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e quindi di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura e alle finalità del giudizio di legittimità (Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087). In concreto, la parte ricorrente, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si limita - in buona sostanza - a sollecitare una diversa lettura, delle risultanze di causa preclusa in questa sede di legittimità” Cassazione civile, sez. III, 22/07/2010, n. 17215 M.M. e altro c. Min. della p.i., Univ. e Ricerca Diritto & Giustizia 2010
Con il terzo motivo, i ricorrenti denunciavano la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 1218 del codice civile, nonché il vizio di motivazione, posto che se fosse provato che il ragazzo si fosse danneggiato da solo, sarebbe configurabile un inadempimento contrattuale ai sensi dell'articolo 1218 del codice civile.
In realtà, osserva la Suprema Corte, le valutazioni della Corte d'Appello escludono ogni ipotesi di colpa a carico delle insegnanti che stavano accompagnando il ragazzo all'uscita, essendo stato assolto l'obbligo di vigilanza che incombeva alle stesse; al contrario, l'infortunio si era verificato a causa di comportamenti del tutto imprevedibili dello stesso ragazzo e quindi nessuna ipotesi di inadempimento risultava configurabile nella specie.
“Con il quarto motivo si denuncia la omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ossia sulla ricostruzione dell'evento dannoso, sulla base delle dichiarazioni scritte delle insegnati. Il motivo è assorbito da quanto ritenuto in relazione al secondo motivo. Il ricorso merita quindi il rigetto; tenuto conto delle non omogenee decisioni assunte dai giudici del merito, appare conforme a giustizia disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese. Così deciso in Roma, il 12 luglio 2010” Cassazione civile, sez. III, 22/07/2010, n. 17215 M.M. e altro c. Min. della p.i., Univ. e Ricerca Diritto & Giustizia 2010.
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